vendredi 6 mai 2011

La Grande Galerie de la pyramide de Khéops fut, selon Efrem Piccin, un gigantesque “chargeur” de blocs de granit destinés à clore définitivement l’entrée du monument

Illustration réalisée à partir d'une photo de Jon Bodsworth
Efrem Piccin est un ingénieur italien, professeur de physique dans un institut technique de Gênes (Italie).
Depuis 2003, se référant aux relevés de Maragioglio-Rinaldi et à ceux de Gilles Dormion, il consacre le plus clair de ses loisirs à l’étude des pyramides égyptiennes, avec un intérêt tout particulier pour la pyramide de Khéops. Ses recherches feront l’objet d’un livre qu’il espère éditer prochainement et dont de nombreux éléments ont d’ores et déjà été publiés sur internet.
Efrem Piccin
Efrem Piccin m’a autorisé, à titre exceptionnel, à reproduire dans Pyramidales tout le chapitre consacré à la Grande Galerie. La théorie de l’auteur concernant les caractéristiques et la fonction de cette partie du monument est évidemment basée sur une observation et une interprétation des éléments de cette structure : couloir central, banquettes, mortaises, niches, rainures... Sa conclusion est globalement la suivante : la Grande Galerie a eu pour unique fonction de servir de “toboggan”, de rampe de lancement de 25 blocs de granit destinés, au dernier moment, à obstruer l’entrée de la pyramide à partir de la partie basse du couloir ascendant. Dans le détail, que je ne peux résumer dans cette courte présentation, le fonctionnement de ce “chargeur” de blocs est bien sûr beaucoup plus complexe, l’auteur faisant intervenir des équipes d’approximativement 200 ouvriers, répartis sur les banquettes, qui hissaient les blocs pour les mettre en place le long de la galerie, à l’aide de cordes, de pierres-poulies, de madriers de calage, etc.
Comment se fait-il qu’on ne trouve plus aujourd’hui que trois blocs bouchons à l’entrée du couloir ascendant ? Efrem Piccin n’élude pas la question, mais pour l’heure - ou du moins à l’examen du contenu du chapitre qui sera repris ici -, il ne propose pas de réponse. Celle-ci fera sans doute l’objet d’un développement dans l’ouvrage définitif, dont la teneur ne m’a pas encore été communiquée.
“Peut-être, précise l’ingénieur, mes arguments ne rencontreront-ils pas l’accord des spécialistes, mais je suis absolument convaincu de ce que je soutiens.”
La théorie d’Efrem Piccin sur les caractéristiques et la fonction de la Grande Galerie est publiée ici dans son texte original (en italien). 
La longueur du texte m’a amené à lui consacrer deux publications successives sur ce blog.


La Grande Galeria
Illustration extraite de la "Description de l’Égypte"

“Ad aggetto”
La cosa che colpisce di più sono le sue dimensioni, e non solo la lunghezza che da muro a muro corrisponde a 47,84 m., bensì anche la sua altezza che misurata dal fondo della gola centrale al soffitto è pari a 8,60 m.
Se invece avessimo considerato una sezione normale alla pendenza avremmo trovato 7,70 m.
Il pavimento vero e proprio, quello allineato con il corridoio ascendente visto prima, sembra fatto apposta per ospitare un convoglio di blocchi in tutto e per tutto simili a quello preso a campione, riproponendo la stessa larghezza dei due corridoi già descritti.
Ai lati del corridoio, ad una altezza di 1 cubito (52,5 cm.), troviamo due marciapiedi larghi anch’essi 1 cubito (foto “grande galleria”).
La larghezza massima l’abbiamo proprio a questo livello e corrisponde a quattro cubiti esatti (2,10 m.).
Sono convinto che all’interno della gola centrale avrebbero dovuto scorrere in discesa i blocchi di granito destinati alla chiusura, mentre i due marciapiedi laterali sopraelevati avrebbero dovuto ospitare due file di uomini in posizione eretta e in grado di lavorare.
Le pareti laterali infatti si innalzano verticalmente per 180 cm. (161,5 cm. con l’altro orientamento) prima di iniziare a chiudersi salendo con la tecnica dell’aggetto.
I primi due ordini di pietre sono infatti semplicemente sovrapposti proprio per poter consentire agli uomini disposti sui marciapiedi di poter lavorare in libertà.
Il restringimento verso il soffitto inizia solo col terzo strato di blocchi che si affacciano da entrambi i lati di un palmo  (7,5 cm.) verso l’interno.
Questa tecnica di sovrapposizione prosegue per tutti gli ordini di blocchi successivi e viene detta “ad aggetto”.
Essa consiste nel sovrapporre gli strati di pietre in modo che ogni nuovo ordine venga posizionato sopra quello sottostante sporgendo leggermente verso l’interno.
Operando con strati successivi, le due pareti salendo si avvicineranno fra loro, consentendo di realizzare una struttura in grado di resistere a notevoli sforzi di compressione.
Si tratta dunque dei primi ingegnosi esperimenti adatti a proteggere una cavità dal peso di tutto ciò che la sovrasta.
Oltre il precedente di Meidum, anche nella piramide rossa e in quella a doppia pendenza troviamo delle stanze costruite in questo modo e “aggettanti” su tutti e quattro i lati.

Fossette piccole e grandi


Lasciando ad altri l’analisi dei problemi strutturali, vediamo adesso le altre caratteristiche di questo straordinario percorso in salita.
Iniziando esattamente da dove termina il corridoio ascendente e quindi all’inizio del quadrivio, troviamo nei marciapiedi laterali tutta una serie di fossette scavate a ridosso delle pareti,  presenti a coppie frontali (laddove se ne incontra una, esattamente alla stessa altezza, sull’altro marciapiede troviamo la gemella.
Queste fossette sono realizzate a parallelogramma, avendo i due lati lunghi paralleli alla pendenza della galleria e i due lati corti verticali rispetto al campo gravitazionale.
Tutte le fossette hanno la stessa profondità di 17 cm. (misurata secondo la perpendicolare al marciapiede = 2p+1pollice), ma i lati lunghi invece hanno lunghezze variabili per ogni coppia di fossette : ci saranno coppie di fossette “corte” (1c = 52,5 cm.) e coppie di fossette “lunghe” (1c + 1p = 60 cm.) disposte in modo alternato (salvo le prime due coppie iniziali, per complessive quattro fossette, tutte del tipo corto).
Nel disegno del quadrivio con le lettere P e G sono indicate appunto le fossette piccole e grandi.
Ricapitolando : salendo dal punto zero troviamo una coppia di fossette piccole del tipo corto (P), seguita da un’altra coppia dello stesso tipo, poi una coppia di grandi (G) seguita da una di corte e così via alternandosi fino in cima, dove l’ultima della serie (sarà una lunga), si troverà ad una distanza di 82 cm dal grande scalino conclusivo.
Non è ancora finita con le fossette : se saliamo sul pianerottolo in alto, ne troveremo un’altra coppia, del tipo corto, questa volta perfettamente prismatiche, collocate però in posizione arretrata rispetto allo scalino, esattamente a ridosso della parete sud.

Coppie di nicchie
In quanto a complicazioni però, non abbiamo ancora finito, anzi il peggio deve ancora venire.
Se saltiamo le prime due coppie iniziali di fossette (quelle entrambe corte) e cominciamo a contare dalla terza, incontreremo 25 coppie alternate lunghe-corte lungo tutta la salita più l’ultima coppia sul pianerottolo in alto, per cui avremo un totale di 2+25+1=28 coppie di fossette, di cui però le 25 centrali sono molto particolari dato che si differenziano da tutte le altre per una singolare peculiarità: in posizione centrale rispetto ad esse, troviamo scavate nelle due pareti laterali delle coppie di nicchie aventi la forma di trapezi retti, verticali, col lato sghembo al livello del marciapiede laterale, e con le basi verticali allineate rispetto al capo gravitazionale (e quindi sghembe rispetto alla grande galleria.
Queste nicchie sono tutte uguali. Sono alte 60 cm. (base lunga = 1c+1p), larghe  27 cm. (1/2 c) e profonde 22 cm. (3 p). Sono tutte riempite con dei pilastrini di roccia calcarea, anch’essi trapezoidali, di scadente qualità, sottodimensionati rispetto alle cavità che li contengono, per cui se non fosse per la malta (scadente anch’essa) che li tiene in posizione, potrebbero essere facilmente scalzati dalle loro sedi.
I lati degli spigoli bassi, cadono sulla linea che separa il piano del marciapiede da quello verticale della parete. In questo modo, il lato basso della nicchia, finisce per essere complanare col piano del marciapiede.

Una nicchia vuota
Non è ancora finita. Una di queste nicchie, la settima sulla destra salendo, è vuota, dal momento che qualcuno ha estratto il piastrino che essa ospitava (ho motivo di credere che anche la sua gemella di fronte abbia subito lo stesso trattamento, salvo poi essere stata richiusa da un restauro recente). In questo modo è stato possibile osservare un ulteriore dettaglio che può essere esteso anche alle altre nicchie, visto che la forma delle cornici di malta è identica per tutte : lo spigolo orizzontale alto della nicchia e quello verticale basso (quindi verso nord) sono stati smussati secondo due angoli particolari con un processo di fine lavorazione.
Preciserò a questo punto un altro elemento : sono convinto che tutti i dettagli ben rifiniti facciano parte del progetto iniziale. Gli interventi grossolani, realizzati frettolosamente, a scalpello, vanno intesi come arrangiamenti “in extremis” per ovviare a difficoltà tardive ed impreviste.
Ragionando in questo modo, mi immagino che i due bordi smussati di ogni nicchia avessero uno scopo ben preciso a partire dal progetto iniziale.

Scalpellature e scanalature
Ci sono altre complicazioni : in corrispondenza delle 25 coppie di nicchie appena descritte, esattamente a ridosso delle pareti, e quindi anche nel corpo vivo dei pilastrini, troviamo delle scalpellature del tipo “non da progetto”.
Si tratta di un lavoro frettoloso realizzato senza cure particolari. Le scalpellature sottraggono su entrambe le pareti porzioni rettangolari di calcare per uno spessore di 1-2 cm..
Queste “ablazioni” rettangolari sono in asse con la pendenza dei marciapiedi, essendo i lati lunghi paralleli ad essi e quelli corti perpendicolari. Il tratto lungo inizia sempre a monte della nicchia per concludersi a valle avendo attraversato anche il corpo del pilastrino ed essendo sempre più lungo della fossetta sottostante. Ogni scalpellatura si innalza dal piano del marciapiede di circa 20 cm. (anche se ho delle riserve da controllare in sito).
Ancora qualche dettaglio (questa volta più semplice), e per quel che riguarda la descrizione generale della grande galleria abbiamo finito : esattamente a metà altezza, su entrambi i lati e lungo tutto il percorso, possiamo osservare due scanalature (una per lato) alte 16 cm. e profonde 2 cm.
Anche in questo caso possiamo distinguere una lavorazione fine (da progetto) cui si sovrappongono grossolane scalpellature localizzate soprattutto nella parte alta e dirette secondo la perpendicolare alla pendenza della galleria.
Nel progetto iniziale, secondo me, le due scanalature avevano lo scopo di ospitare un lungo tavolato incastrato con dei cunei di legno, destinato a costituire un lungo magazzino “a soppalco” verso il soffitto, in modo da potervi collocare tutto il materiale necessario (che non doveva essere poco) : funi, travi, attrezzi….
Questo soppalco serviva anche egregiamente come punto di fissaggio per le lampade sottostanti : i lumi ad olio dovevano per forza stare appesi da qualche parte, essendo inimmaginabile sacrificare il poco spazio disponibile.

Un breve riassunto
Cliché John et Morton Edgar
Incontreremo salendo : due coppie di fossette corte senza nicchiette ; 25 coppie di fossette lunghe-corte alternate, fornite di nicchiette con pilastrino più le scalpellature sulle pareti laterali ; sul pianerottolo finale in alto ancora una coppia di fossette corte, prismatiche, senza nicchiette né scalpellature, in posizione arretrata rispetto al bordo del grande scalino che conclude in alto la grande galleria.
L’intera grande galleria è lunga 47,84 metri misurando da muro nord a muro sud e si tratta di una misura non “normalizzata”, quindi non riconducibile ad un numero intero di cubiti, cosa che non ha mancato di stupirmi parecchio : avrei scommesso non so cosa su questa misura, invece...
Ho cercato allora di ragionare in un altro modo : il pianerottolo orizzontale in cima è lungo 155 cm. (3c). Il grande scalino è alto 90 cm. (1c + 5p). Per queste misure non ci sono problemi : sono evidentemente normalizzate. Applicando Pitagora, mi sono calcolato l’ipotenusa di questo triangolo : 1,79 m., che sottratti ai 47,84 m. totali, mi lasciano 46,04 m. di lunghezza utile per tutto il tratto di pavimento infossato fra i due marciapiedi, e 46 metri corrispondono a 88c esatti ! Dopotutto avevo visto bene, era sufficiente comprendere come Hemiunu avesse fissato a priori la lunghezza complessiva del tratto destinato a funzionare da scivolo per tutto il convoglio di blocchi (perché di questo si tratta).
Per l’altezza della grande galleria, invece, non sono riuscito a trovare misure riconducibili a multipli esatti del cubito, ma non mi sono particolarmente stupito : è ragionevole fissare misure intere mentre si imposta il problema, ma non sempre le soluzioni sono riconducibili a numeri interi, il risultato del lavoro viene come gli pare, specie se la sua misura non è importante per nessuno ed è quindi stata lasciata libera come in questo caso.
Ricordo comunque che qualcosa è già stato fissato, ad esempio la larghezza del soffitto (2c), ed il numero degli aggetti (7) nonché la loro misura (1p). Ci dovrà ben essere un grado di libertà nel problema !

Lunghezza della grande galleria : 88 cubiti esatti
Mi propongo adesso di spiegare con un ragionamento che spero troverete sensato, perché la grande galleria debba avere questa lunghezza, cioè 88 cubiti esatti.
Hemiunu deve aver speso molto del suo ingegno nel dimensionare questa parte del suo progetto, per di più ci sono altre formidabili complicazioni strutturali di cui non vi ho parlato ma che potrebbero lasciare a bocca aperta i migliori architetti dei giorni nostri.
In primis il soffitto della grande galleria che, come vi ho detto è largo esattamente due cubiti e quindi la metà della sua larghezza alla base, ma non solo : le grandi pietre in calcare che la coprono, sono poste trasversalmente alla galleria, come è logico che sia, ma per evitare di appoggiarsi fra loro, creando un accumulo di sforzo che potrebbe indurre tutto il soffitto a scivolare, esse scaricano singolarmente il proprio sforzo sui grandi blocchi longitudinali dell’ultimo aggetto, recando questi ultimi tutta una serie di piccoli incastri a dente di sega nei quali si inseriscono i blocchi del soffitto.
Non basta : anche i blocchi che costituiscono gli aggetti, potrebbero a loro volta essere indotti a scivolare tutti insieme verso il basso per cui in fondo alla grande galleria questo comportamento viene scoraggiato dal fatto che i blocchi scaricano il loro sforzo in maniera alternata una volta contro i blocchi posti trasversalmente della parete nord di fondo e una volta contro appoggi più lontani, scavalcando la parete che in questo caso avrà blocchi stretti capaci di incastrarsi perfettamente fra le due pareti dei longheroni.
Ahimè : mi rendo conto che si tratta di una cosa terribilmente complicata da spiegarsi, forse aggiungerò un disegno, ma è veramente difficile capire.
Quello che invece mi importa, è di convincervi che l’architetto ha tutto previsto e calcolato, nulla lasciando al caso.
Vi ho già detto che quasi tutti gli studiosi della grande piramide sono convinti che il progetto iniziale sia andato evolvendosi e modificandosi in corso d’opera. Vi ho anche detto che ritengo questa ipotesi una sciocchezza, indegna del buon senso in generale, e in particolare sarebbe impossibile realizzare la grande galleria senza un progetto globale lungimirante, dato che il suo inserimento nel resto della costruzione ha richiesto complesse predisposizioni strutturali partendo da livelli molto più bassi rispetto alla quota in oggetto (spero di avere l’occasione di tornare sull’argomento, ho delle ipotesi interessanti al riguardo).

Un “delirio da piramide”
Torniamo allora alla faccenda degli 88 cubiti: vi prego di seguire con scrupolo la spiegazione, dal momento che se vi capitasse di condividerla sareste miei prigionieri per tutto il resto del viaggio.
Durante la spiegazione, certamente vi capiterà di comprendere una cosa e di avere immediatamente almeno altre due nuove domande che bussano impazienti alla vostra mente.
La stessa cosa è successa anche a me durante i quasi sei mesi di “delirio da piramide” cui sono andato soggetto. E’ stato il periodo più intensamente vissuto della mia esistenza ; la piramide ha divorato ogni mio respiro : dormendo tenevo sul comodino un piccolo registratore vocale cui affidare le idee notturne parlottando sotto le lenzuola per non svegliare la moglie che ha sempre avuto per me lo sguardo compassionevole che si rivolge a un malato.
Molte di queste nuove domande non avranno per ora risposta: ogni cosa a suo tempo.
Nel mio libro racconto una storia straordinaria, dove ogni dettaglio, anche il più insignificante, si sposa con gli altri in un unico disegno globale.
I professionisti certamente storceranno il naso, ma voi potete sempre considerare la mia storia come  un romanzo e godervelo come tale.
Avrete tuttavia occasione di interrogarvi sulla collocazione del confine tra realtà e fantasia e forse capiterà anche a voi quel che è accaduto a me : scartato tutto ciò che è impossibile, quel che resta…

Un gigantesco “caricatore”
Bloc bouchon : photo Jon Bodsworth

Torniamo dunque all’interno della grande galleria e misuriamo la distanza che intercorre fra i punti centrali delle fossette (o delle nicchiette): troveremo una distanza media pari a 3c+2p (172 cm. circa) che corrisponde esattamente alla lunghezza del blocco di granito che abbiamo assunto a suo tempo come campione, più un leggero scarto, giusto per consentire un minimo di gioco (direi un pollice di scarto).
Ecco dunque prendere corpo un’idea che evidentemente debbo condividere con molti altri, e cioè che l’intera grande galleria fosse stata concepita come un gigantesco “caricatore” destinato a contenere 25 blocchi di granito che avrebbero dovuto a tempo debito precipitare lungo tutto il corridoio discendente chiudendo definitivamente la piramide.
Perché proprio 25 blocchi ? Dopotutto ci sono 27 coppie di  fossette. E poi, ancora, se ipotizziamo che le fossette servissero per ospitare l’incastro di travi di legno che inseriti da tergo avrebbero dovuto garantire la stabilità dei blocchi, a maggior ragione il numero dei blocchi dovrebbe salire a 27 !
Io però non la penso così, e consiglio di cominciare a ragionare dal posto meno ovvio.