L'architecte et archéologue italien Luigi Canina (1795–1856) est notamment connu pour ses travaux de transformation et agrandissement de la célèbre Villa Borghese à Rome.
Dans son ouvrage L'archittetura antica descritta e dimostrata coi monumenti, tome 1, 1845, il rappelait les théories, relatives à la construction des pyramides, formulées par Hérodote (des machines fabriquées avec de petits morceaux de bois) et Diodore de Sicile (des monticules ou "élévations" de terre). Au lieu de les opposer comme ont eu tendance à le faire de nombreux auteurs modernes, il a cherché à montrer leur complémentarité.
"Nous chercherons, écrit-il, à faire concorder la divergence d'opinions de la manière suivante : en observant que, pour la construction [de la Grande Pyramide], on a utilisé de gros blocs de pierre transportés depuis des lieux lointains, avec des appareils et des chars de transport par la route, comme ceux décrits en particulier par Hérodote, on ne peut être d'accord avec Diodore lorsqu'il pensait qu'en ce temps-là, les Égyptiens n'avaient aucune connaissance des machines. D'autre part, on ne peut imaginer une méthode de probable construction de la grande structure de cette même pyramide avec l'aide de simples élévations de terre, car celles-ci auraient dû s'étendre sur un très grand espace, de manière à créer une surface plane très praticable et adaptée au transport des gros blocs de pierre. Si l'on suit le raisonnement de Diodore, on devrait retrouver sur place des traces des monceaux de terre qui auraient pu servir à la construction de telles élévations ; or, il n'en est rien, parce que le sol, tout autour, était sablonneux. Il s'ensuit que la seule méthode alors applicable aurait pu être celle qui, pense-t-on, a été adoptée par Chersifrone pour la construction du temple de Diane à Éphèse, à savoir des élévations, autour des colonnes, avec des sacs remplis de sable. Mais cette méthode présentait peut-être plus de difficultés que celle consistant à avoir recours aux machines.
Il s'ensuit que l'on doit tenir comme plus probable la méthode exposée par Hérodote pour la construction d'une telle pyramide, d'autant plus qu'elle bénéficie d'une plus grande ancienneté. En observant toutefois que le récit de Diodore ne manque pas totalement de fondement, on croit pouvoir concilier l'une et l'autre méthode de dispositif technique de la manière suivante : supposer que la partie inférieure de la pyramide a été construite tout d'abord avec la méthode exposée par Diodore, à savoir avec une élévation de terre ou de sable, de manière à ce que l'on puisse facilement édifier la structure jusqu'à une faible hauteur ; ensuite, en ayant recours à la méthode décrite par Hérodote, la partie supérieure étant construite en élevant les blocs de pierre, d'un degré à l'autre, au moyen de diverses machines fabriquées avec de courts morceaux de bois, installées sur chaque rangée de gradins, ou bien transportées d'une rangée à l'autre, suivant les descriptions d'Hérodote.
De cette manière, sans contredire ni l'une ni l'autre des deux techniques, on comprend comment a été construite la plus grande œuvre de l'Égypte."
Per costruire la suddetta piramide s'impiegò il tempo di venti anni. Ogni sua fronte, essendo essa quadrangolare, era di otto jugeri, e pari era l'altezza. Le pietre furono pulite, e con molta cura connesse, e niuna era minore di trenta piedi. Questa piramide fu fabbricata a gradi ; e poiché ne venne fatto il primo si alzavano sassi con macchine formate di brevi legni dal suolo alla prima serie degli stessi gradi, e come erasi ad essa alzato il sasso si poneva in un'altra macchina che stava sulla prima serie, e da questa alla seconda si traeva sopra altra macchina, perciocché quante erano le serie dei gradi, altrettante erano anche le macchine ; ovvero si praticava pure di trasferire di serie in serie la stessa macchina allorché erasi liberato il sasso, per essere di facile trasporto. Le parti superiori di tale piramide furono perfezionate prima ; quindi le seguenti, e finalmente vennero compiute le prossime al suolo ed inferiori.
Col mezzo di lettere egizie erasi dimostrato quanto in ravani, cipolle, ed agli sì era consumato per gli operai. Riferiva Erodoto, sull'autorità di ciò che gli venne spiegato da un interprete che conosceva tali lettere, che la somma della spesa era stata di mille e seicento talenti di argento ; ed osservava egli che se tanto aveva portata la spesa dei cibi, quanto eziandio si era dovuto spendere per i ferri e per le vesti ; e se tanto era stato il tempo impiegato nell'edificare l'opera, quanto altro non poco dovette essere quello che fu necessario impiegare per tagliare e condurre le pietre e per aprire la fossa sotterra.
Diodoro siculo, parlando di queste grandi opere degli egiziani, osservava che si annoveravano tra le sette maraviglie del mondo. La grandezza di una tale opera ed il lavoro manuale mettevano un giusto stupore in chiunque le contemplava ; perciocché ogni lato della maggiore, essendo di figura quadrata, si estendeva alla base nella lunghezza di sette pletri, ed era alta più di sei ; e degradatamente restringendosi terminava alla sommita in sei cubiti. Era essa costruita di saldo marmo difficile a lavorarsi, e perciò di eterna durata. Infatti osservava lo stesso Diodoro, che quantunque fossero trascorsi mille anni, ed anche secondo altra opinione più di tremila e quattrocento, dall'epoca in cui fu costruita sino al tempo suo, ciononostante le pietre conservavano ancora il loro pulimento e tutta la struttura era intatta, come fu da principio. Si dicevano quelle pietre trasportate per assai grande distanza dalla Arabia ; ed essersi tutta l'opera eseguita coll'aiuto di elevazioni di terra, non essendosi ancora a quel tempo inventate le macchine. Ma ciò che offriva maggiore maraviglia si era che siffatta costruzione venne eseguita in luogo, il quale da ogni parte era sabbioso, e che non restava alcun vestigio né della terra che allora si diceva innalzata invece di armatura, né del marmo ivi tagliato e pulito ; onde non pareva di vedere un'opera fatta poco a poco da uomini, ma che tutta la mole fosse stata eretta di getto sulle circostanti arene dalla potentissima mano di un nume.
Strabone descrivendo insieme le tre più grandi piramidi situate vicino a Memfì, riferiva a riguardo della suddetta, ch'era la maggiore, che circa a metà dell'altezza dei suoi lati era una pietra che si poteva cavare fuori, e tolta si vedeva un tortuoso traforo che discendeva sino dove stava la tomba. Plinio a riguardo di questa stessa maggior piramide osservava che era stata costrutta con pietre arabiche, e che trecento sessantasei mila uomini avevano lavorato per venti anni nell'edificarla. Occupava la medesima un'arca di otto jugeri e la lunghezza di ciascun lato nella base era di piedi ottocento ottantatre, e nella sommità piedi venticinque. Diversi altri scrittori antichi riferirono molte cose sulle piramidi dell'Egitto in generale (...); pertanto é d'uopo osservare che mentre Erodoto dimostrava il modo con cui venne con macchine di legno costrutta questa prima piramide, Diodoro siculo invece asseriva essersi eseguita una tale opera coll'ajuto di elevazioni di terra ; poiché credeva egli che non si fossero ancora in quel tempo inventate le macchine.
Su questa disparità di opinione molti scrittori moderni si fecero a sostenere ora l'una ed ora l'altra maniera con erudite discussioni. Siccome spetta a questa prima parte lo stabilire l'epoca dei principali ritrovamenti propri dell'arte di edificare ; così cercheremo di concordare la stessa disparità di opinioni nel seguente modo. Osservando che per la costruzione della suddetta opera s'impiegarono grandi pietre trasportate da luoghi lontani, e con apparecchi di strade, e di carri da trasporto, come si trovano descritti da Erodoto in particolare, non si può così convenire con Diodoro nel credere che in quel tempo gli egiziani mancassero del tutto di cognizioni sulle macchine. D'altronde non sì può ideare un metodo di probabile esecuzione col quale costruire la grande struttura della stessa piramide coll'aiuto di semplici elevazioni di terre ; poiché si sarebbero queste dovute stendere in assai grande spazio, onde renderle superiormente ad un piano agiato ed adattato al trasporto delle grandi pietre ; né per asserzione dello stesso Diodoro si conosce che esistevano in tale località alcune tracce delle terre che poterono servire a formare tali elevazioni, poiché era quel suolo tutto intorno sabbionoso. Solo ivi adunque si sarebbe potuto effettuare il metodo che si crede essere stato tenuto da Chersifrone nel costruire il tempio di Diana in Efeso, il quale consisteva in elevazioni formate intorno le colonne con sacchi pieni di arena ; ma un tal metodo offriva forse maggior difficolta di quella che si sarebbe ottenuta operando colle macchine. Onde è che si deve tenere per più probabile il metodo esposto da Erodoto per la costruzione di una tale piramide, il quale viene anche approvato dalla maggior antichita con cui fu descritto. Osservando però che non poté essere il racconto di Diodoro interamente insussistente, credesi di potere concordare l'uno e l'altro metodo di apparecchio nel seguente modo ; cioé supporre essersi primieramente costrutta la parte inferiore della piramide col metodo esposto da Diodoro, ossia coll'elevazione di terra o di arena, poiché reusciva facile il potere eseguire una tale struttura sino a poca altezza ; e poscia col metodo descritto da Erodoto essersi costrutta la parte superiore sollevando da un grado all'altro di essa piramide le pietre col mezzo di diverse macchine formate con brevi legni, in ogni ordine di gradi, oppore trasportate da un'ordine all'altro, come in ambidue i modi si trova da Erodoto descritto. Così senza contradire a nessuno dei due apparecchi può stabilirsi essere stata costrutta questa prima più grande opera dell'Egitto ; e così si può ancora stabilire essersi sino dalle età remote ora considerate conosciuto dagli egiziani il metodo di costruire con le macchine, e con quegli apparecchi ch'erano più opportuni ad elevare siffatte grandi moli. La medesima abilita ci viene confermata da quanto narrasi essersi fatto per tagliare e trasportare le pietre per la stessa opera dalle cave arabiche ; perché fu un tal lavoro da Erodoto reputato essere un'opera non inferiore a quella della piramide stessa.
(*) J'ai extrait cette photo, par copie d'écran, du site ostia-antica.org. Par absence de mention de contact sur ce site, il m'a été impossible d'adresser à son webmaster une demande d'autorisation de reproduction. Je précise que ce même cliché figure sur d'autres sites, sans la moindre mention de copyright.
Dans son ouvrage L'archittetura antica descritta e dimostrata coi monumenti, tome 1, 1845, il rappelait les théories, relatives à la construction des pyramides, formulées par Hérodote (des machines fabriquées avec de petits morceaux de bois) et Diodore de Sicile (des monticules ou "élévations" de terre). Au lieu de les opposer comme ont eu tendance à le faire de nombreux auteurs modernes, il a cherché à montrer leur complémentarité.
"Nous chercherons, écrit-il, à faire concorder la divergence d'opinions de la manière suivante : en observant que, pour la construction [de la Grande Pyramide], on a utilisé de gros blocs de pierre transportés depuis des lieux lointains, avec des appareils et des chars de transport par la route, comme ceux décrits en particulier par Hérodote, on ne peut être d'accord avec Diodore lorsqu'il pensait qu'en ce temps-là, les Égyptiens n'avaient aucune connaissance des machines. D'autre part, on ne peut imaginer une méthode de probable construction de la grande structure de cette même pyramide avec l'aide de simples élévations de terre, car celles-ci auraient dû s'étendre sur un très grand espace, de manière à créer une surface plane très praticable et adaptée au transport des gros blocs de pierre. Si l'on suit le raisonnement de Diodore, on devrait retrouver sur place des traces des monceaux de terre qui auraient pu servir à la construction de telles élévations ; or, il n'en est rien, parce que le sol, tout autour, était sablonneux. Il s'ensuit que la seule méthode alors applicable aurait pu être celle qui, pense-t-on, a été adoptée par Chersifrone pour la construction du temple de Diane à Éphèse, à savoir des élévations, autour des colonnes, avec des sacs remplis de sable. Mais cette méthode présentait peut-être plus de difficultés que celle consistant à avoir recours aux machines.
Il s'ensuit que l'on doit tenir comme plus probable la méthode exposée par Hérodote pour la construction d'une telle pyramide, d'autant plus qu'elle bénéficie d'une plus grande ancienneté. En observant toutefois que le récit de Diodore ne manque pas totalement de fondement, on croit pouvoir concilier l'une et l'autre méthode de dispositif technique de la manière suivante : supposer que la partie inférieure de la pyramide a été construite tout d'abord avec la méthode exposée par Diodore, à savoir avec une élévation de terre ou de sable, de manière à ce que l'on puisse facilement édifier la structure jusqu'à une faible hauteur ; ensuite, en ayant recours à la méthode décrite par Hérodote, la partie supérieure étant construite en élevant les blocs de pierre, d'un degré à l'autre, au moyen de diverses machines fabriquées avec de courts morceaux de bois, installées sur chaque rangée de gradins, ou bien transportées d'une rangée à l'autre, suivant les descriptions d'Hérodote.
De cette manière, sans contredire ni l'une ni l'autre des deux techniques, on comprend comment a été construite la plus grande œuvre de l'Égypte."
Luigi Canina (*)
Pertanto considerando ciò che si trova scritto da Erodoto sulla stessa piramide come opera fatta da Suphis, osserveremo che per eseguire quest'opera comandò quel principe a tutti gli egizj di lavorare, ad alcuni assegnò il trarre pietre dalle cave, che stavano nel monte arabico, sino al Nilo ; agli altri impose che ricevessero e trasportassero le stesse pietre, traghettando sui navigli per il fiume, sino al monte nominato Libico. Lavoravano cosi, mutandosi per ogni trimestre, da cento migliaia di uomini ; e dal tempo in cui fu il popolo cosi occupato, s'impiegarono dieci anni nel lastricare la strada per la quale vennero trasportate le pietre. Una tale strada si considerava da Erodoto per un'opera non di molto inferiore alla piramide stessa ; perciocché era lunga cinque stadi, larga dieci orgie, ed alta nella sua maggior elevazione otto orgie, ed era fatta di pietre pulite ed adorne di figure intagliate di animali. Dieci anni adunque furono impiegati per la costruzione di tale strada, e per le stanze sotterranee incavate nel colle, sopra al quale stavano elevate le piramidi, ch'egli destinò per suo sepolcro in un'isola formata da una fossa del Nilo. Per costruire la suddetta piramide s'impiegò il tempo di venti anni. Ogni sua fronte, essendo essa quadrangolare, era di otto jugeri, e pari era l'altezza. Le pietre furono pulite, e con molta cura connesse, e niuna era minore di trenta piedi. Questa piramide fu fabbricata a gradi ; e poiché ne venne fatto il primo si alzavano sassi con macchine formate di brevi legni dal suolo alla prima serie degli stessi gradi, e come erasi ad essa alzato il sasso si poneva in un'altra macchina che stava sulla prima serie, e da questa alla seconda si traeva sopra altra macchina, perciocché quante erano le serie dei gradi, altrettante erano anche le macchine ; ovvero si praticava pure di trasferire di serie in serie la stessa macchina allorché erasi liberato il sasso, per essere di facile trasporto. Le parti superiori di tale piramide furono perfezionate prima ; quindi le seguenti, e finalmente vennero compiute le prossime al suolo ed inferiori.
Col mezzo di lettere egizie erasi dimostrato quanto in ravani, cipolle, ed agli sì era consumato per gli operai. Riferiva Erodoto, sull'autorità di ciò che gli venne spiegato da un interprete che conosceva tali lettere, che la somma della spesa era stata di mille e seicento talenti di argento ; ed osservava egli che se tanto aveva portata la spesa dei cibi, quanto eziandio si era dovuto spendere per i ferri e per le vesti ; e se tanto era stato il tempo impiegato nell'edificare l'opera, quanto altro non poco dovette essere quello che fu necessario impiegare per tagliare e condurre le pietre e per aprire la fossa sotterra.
Diodoro siculo, parlando di queste grandi opere degli egiziani, osservava che si annoveravano tra le sette maraviglie del mondo. La grandezza di una tale opera ed il lavoro manuale mettevano un giusto stupore in chiunque le contemplava ; perciocché ogni lato della maggiore, essendo di figura quadrata, si estendeva alla base nella lunghezza di sette pletri, ed era alta più di sei ; e degradatamente restringendosi terminava alla sommita in sei cubiti. Era essa costruita di saldo marmo difficile a lavorarsi, e perciò di eterna durata. Infatti osservava lo stesso Diodoro, che quantunque fossero trascorsi mille anni, ed anche secondo altra opinione più di tremila e quattrocento, dall'epoca in cui fu costruita sino al tempo suo, ciononostante le pietre conservavano ancora il loro pulimento e tutta la struttura era intatta, come fu da principio. Si dicevano quelle pietre trasportate per assai grande distanza dalla Arabia ; ed essersi tutta l'opera eseguita coll'aiuto di elevazioni di terra, non essendosi ancora a quel tempo inventate le macchine. Ma ciò che offriva maggiore maraviglia si era che siffatta costruzione venne eseguita in luogo, il quale da ogni parte era sabbioso, e che non restava alcun vestigio né della terra che allora si diceva innalzata invece di armatura, né del marmo ivi tagliato e pulito ; onde non pareva di vedere un'opera fatta poco a poco da uomini, ma che tutta la mole fosse stata eretta di getto sulle circostanti arene dalla potentissima mano di un nume.
Strabone descrivendo insieme le tre più grandi piramidi situate vicino a Memfì, riferiva a riguardo della suddetta, ch'era la maggiore, che circa a metà dell'altezza dei suoi lati era una pietra che si poteva cavare fuori, e tolta si vedeva un tortuoso traforo che discendeva sino dove stava la tomba. Plinio a riguardo di questa stessa maggior piramide osservava che era stata costrutta con pietre arabiche, e che trecento sessantasei mila uomini avevano lavorato per venti anni nell'edificarla. Occupava la medesima un'arca di otto jugeri e la lunghezza di ciascun lato nella base era di piedi ottocento ottantatre, e nella sommità piedi venticinque. Diversi altri scrittori antichi riferirono molte cose sulle piramidi dell'Egitto in generale (...); pertanto é d'uopo osservare che mentre Erodoto dimostrava il modo con cui venne con macchine di legno costrutta questa prima piramide, Diodoro siculo invece asseriva essersi eseguita una tale opera coll'ajuto di elevazioni di terra ; poiché credeva egli che non si fossero ancora in quel tempo inventate le macchine.
Su questa disparità di opinione molti scrittori moderni si fecero a sostenere ora l'una ed ora l'altra maniera con erudite discussioni. Siccome spetta a questa prima parte lo stabilire l'epoca dei principali ritrovamenti propri dell'arte di edificare ; così cercheremo di concordare la stessa disparità di opinioni nel seguente modo. Osservando che per la costruzione della suddetta opera s'impiegarono grandi pietre trasportate da luoghi lontani, e con apparecchi di strade, e di carri da trasporto, come si trovano descritti da Erodoto in particolare, non si può così convenire con Diodoro nel credere che in quel tempo gli egiziani mancassero del tutto di cognizioni sulle macchine. D'altronde non sì può ideare un metodo di probabile esecuzione col quale costruire la grande struttura della stessa piramide coll'aiuto di semplici elevazioni di terre ; poiché si sarebbero queste dovute stendere in assai grande spazio, onde renderle superiormente ad un piano agiato ed adattato al trasporto delle grandi pietre ; né per asserzione dello stesso Diodoro si conosce che esistevano in tale località alcune tracce delle terre che poterono servire a formare tali elevazioni, poiché era quel suolo tutto intorno sabbionoso. Solo ivi adunque si sarebbe potuto effettuare il metodo che si crede essere stato tenuto da Chersifrone nel costruire il tempio di Diana in Efeso, il quale consisteva in elevazioni formate intorno le colonne con sacchi pieni di arena ; ma un tal metodo offriva forse maggior difficolta di quella che si sarebbe ottenuta operando colle macchine. Onde è che si deve tenere per più probabile il metodo esposto da Erodoto per la costruzione di una tale piramide, il quale viene anche approvato dalla maggior antichita con cui fu descritto. Osservando però che non poté essere il racconto di Diodoro interamente insussistente, credesi di potere concordare l'uno e l'altro metodo di apparecchio nel seguente modo ; cioé supporre essersi primieramente costrutta la parte inferiore della piramide col metodo esposto da Diodoro, ossia coll'elevazione di terra o di arena, poiché reusciva facile il potere eseguire una tale struttura sino a poca altezza ; e poscia col metodo descritto da Erodoto essersi costrutta la parte superiore sollevando da un grado all'altro di essa piramide le pietre col mezzo di diverse macchine formate con brevi legni, in ogni ordine di gradi, oppore trasportate da un'ordine all'altro, come in ambidue i modi si trova da Erodoto descritto. Così senza contradire a nessuno dei due apparecchi può stabilirsi essere stata costrutta questa prima più grande opera dell'Egitto ; e così si può ancora stabilire essersi sino dalle età remote ora considerate conosciuto dagli egiziani il metodo di costruire con le macchine, e con quegli apparecchi ch'erano più opportuni ad elevare siffatte grandi moli. La medesima abilita ci viene confermata da quanto narrasi essersi fatto per tagliare e trasportare le pietre per la stessa opera dalle cave arabiche ; perché fu un tal lavoro da Erodoto reputato essere un'opera non inferiore a quella della piramide stessa.
(*) J'ai extrait cette photo, par copie d'écran, du site ostia-antica.org. Par absence de mention de contact sur ce site, il m'a été impossible d'adresser à son webmaster une demande d'autorisation de reproduction. Je précise que ce même cliché figure sur d'autres sites, sans la moindre mention de copyright.
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